Il cippo dei decollati, un simbolo dimenticato che va restaurato
“Il cippo dei decollati” è un pezzo di storia dimenticato da tutti. Si trova a Palermo, all’altezza di piazza Scaffa, nei pressi della chiesa Maria SS. del Carmelo ai Decollati. Passa quasi inosservato nel suo degrado, invisibile alle istituzioni e ai tanti palermitani che transitano in corso dei Mille. “Eppure questo cippo rappresenta un pezzo importante della storia di Palermo” dichiara Pasquale Tusa, consigliere della seconda circoscrizione e promotore di una richiesta urgente di restauro alla Soprintendenza Regionale BB.CC.AA. Il Cippo dei decollati “ci racconta il dolore e le lacrime di chi aveva perso i propri cari ed è un simbolo ed un pezzo di storia che va assolutamente tutelato” continua Pasquale Tusa.
La storia narra infatti che, alla fine del 1700, i cadaveri dei giustiziati venivano seppelliti nel nuovo cimitero annesso alla chiesetta, oggi Maria Santissima del Carmelo ai decollati.
In verità più che un cimitero, il luogo scelto per queste tumulazioni era un carnaio in cui venivano gettati alla rinfusa, dentro una botola posta nella piazzetta davanti alla chiesa, indiscriminatamente corpi di assassini, rei politici, ed innocenti vittime dell’iniquità della giustizia.
Alcune teste di decapitati, venivano poste in una piramide in muratura, dentro dei finestrini. Questa macabra piramide era collocata davanti alla chiesa perché servisse a tutti da monito. I palermitani ne rimasero talmente impressionati, che quando parlavano del ponte vicino il cimitero lo chiamavano “il ponte delle teste“. Nel novembre del 1881 un’esondazione del fiume Oreto fece disperdere i documenti conservati nella chiesa e i resti mortali che giacevano nelle fosse comuni, strappando definitivamente a queste povere anime l’ultimo briciolo d’identità che era loro rimasta.
La devozione alle anime dei giustiziati, cominciò a crescere fra la popolazione, che le credeva erranti in cerca di pace eterna, dispensatrici delle grazie richieste in cambio di una sentita preghiera. Fino agli anni ’50 si svolgeva “il viaggio”, un rito per implorare una risposta da quelle anime.
Il lunedì o il venerdì, giorni sacri alle anime, come spiega il Pitrè, partiva una processione. A piedi nudi veniva recitato il rosario in processione fino alla chiesa dei Decollati. Venivano recitate anche delle orazioni alle anime e si attendeva una “risposta”, un segnale.
Fino a poco tempo fa molti fedeli riponevano un fiore sul cippo funerario.
“Tenuto conto dell’alto rilievo storico-artistico di questo Bene Culturale” – continua Pasquale Tusa – “ho richiesto alla Soprintendenza di restaurare il Cippo dei Decollati per restituirlo ai cittadini e turisti e chiedo di valorizzarlo con un’inidonea illuminazione insieme ad un cartello illustrativo per la descrizione”.