Il messaggio di Biagio Conte a piedi da Palermo a Bruxelles: “Tutti hanno diritti”
Lo scorso maggio si è incatenato a Palermo, a piazza Anita Garibaldi, dove la mafia ha ucciso padre Pino Puglisi. Per due settimane, in quella piazza, ha digiunato per protestare contro l’espulsione di Paul Yaw Aning, un migrante regolare che la chiusura dell’azienda in cui lavorava, a Bologna, ha trasformato in irregolare. E da quella piazza ha deciso di allargare la sua protesta e lo ha fatto partendo da Palermo e percorrendo oltre 1.500 chilometri a piedi, di giorno e di notte, sotto il sole cocente o la pioggia.
Fratel Biagio è partito l’otto luglio, con il traghetto, dal porto di Palermo rendendosi, come lui stesso ha detto “esule dall’Italia sulle rotte dei migranti”.
Accompagnato soltanto dal suo bastone, da un simbolico ramoscello d’ulivo e da una lettera tradotta in sette lingue, inglese, francese, spagnolo, tedesco, polacco romeno e greco: “Carissime autorità e noi tutti insieme dobbiamo impegnarci per contribuire e rafforzare sempre più l’Unione Europea soprattutto nella solidarietà, nell’ospitalità e nell’accoglienza. Una giusta e stabile società non può lasciare indietro i più deboli”, è l’appello del missionario rivolto ai leader europei, accompagnato da un monito: “Attenzione che l’indifferenza emargina e uccide, chiudere la porta produce maggiore povertà, disagio, violenza, destabilizzazione, ingiustizie e guerre. Invece l’accoglienza è integrazione. Abbiamo tutti il dovere di non alzare barriere, ancor peggio muri, noi non siamo fatti per dividere, separare le nazioni ma per unire”.
Un lungo viaggio, sulle rotte dei migranti, a piedi verso Milano, e poi, sempre a piedi, in Svizzera, a Berna, un breve tratto in Germania e infine in Francia, a Strasburgo, dove è arrivato stremato, e dove è stato accolto dal presidente del Parlamento europeo David Sassoli, cui ha consegnato il suo monito ribadendo che “una società che lascia indietro i più deboli non può essere giusta e corretta, prima o poi rischia la destabilizzazione, la crisi, il crollo’’.
Fratel Biagio durante il cammino ha incontrato centinaia di cittadini, emigrati italiani, sacerdoti, vescovi, gruppi di preghiera che lo hanno sostenuto e rifocillato lungo il percorso.
Adesso il suo viaggio si è concluso a Bruxelles, dov’è arrivato stremato dopo 116 giorni di cammino, con i piedi spaccati dalle pieghe e fasciati dalle garze. Qui, in un convento francescano che lo ospita, ha deciso di riposarsi qualche giorno prima di incontrare al Parlamento europeo rappresentanti di vari partiti, per consegnare loro un messaggio: “Tutti hanno diritto a mangiare, ad avere una casa, un lavoro, e questo vale per ogni emarginato, emigrante, immigrato, profugo, in una parola, persona’’.