Mal di cuore al tempo del COVID-19
In questi giorni alcuni media hanno diffuso delle ipotesi sull’effetto degli antipertensivi e sullo stato di salute dei malati affetti da covid 19. Gli antiipertensivi sono una categoria di farmaci molto usata dagli italiani. Nello specifico gli inquisiti sono gli ACE-inibitori e i sartani: l’ipotesi su queste due famiglie di farmaci è quella di essere complici del famigerato SARS-COV2, portando i pazienti affetti da questo virus ad un drastico peggioramento del quadro clinico.
L’EMA (Agenzia Europea del Farmaco) e l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) si sono affrettate a smentire la notizia, affermando che tale ipotesi non è supportata da nessun dato scientifico.
L’errata ipotesi nasce dal fatto che questi farmaci usano un recettore chiamato RAAS e il virus usa un bersaglio che fa parte di questa famiglia recettoriale.
In realtà uno dei possibili effetti di questi farmaci è quello di un aumentare la popolazione di questi recettori che sono naturalmente presenti nel nostro corpo. Ma attualmente non ci sono dati scientifici certi. Quindi l’ipotesi parla senza una base scientifica per giustificare i numeri ahimè tragici di contagiati e dei morti nel nostro paese che dovranno essere spiegati senza aggiungerne altri, per un sensazionalismo che non profuma di competenza.
Sono i medici di medicina generale e i farmacisti territoriali i veri soldati di trincea del nostro paese che hanno visto diminuire drasticamente l’utilizzo di questi farmaci salvavita nel giro di qualche giorno.
Il 30,3% della popolazione italiana è affetta da ipertensione arteriosa , il 36,7% usa ACE-inibitori e il 32,5% usa i sartani.
La mancata aderenza alla terapia farmacologica rappresenta un serio rischio per la vita di questi pazienti. Le conseguenze possono essere nefaste: sospendere improvvisamente l’utilizzo degli antipertensivi può aumentare il rischio cardiovascolare e di conseguenza l’aumento dei malati in terapie intensive.
Vincenzo Gargano, dottore in farmacia