PD. Basta cambiare nome?
La storia dell’attuale PD conta 4 cambi di nome e simbolo. Il Pci va in soffitta nel 1989. Poi c’è la quercia: quella del Pds (1991) e dei Ds (1998, senza falce e martello). Nel 2008 nasce il Pd.
Oggi si discute nuovamente un cambio di nome. Si vuol cambiare nome per rinnovarsi e rinascere a nuova vita. Ma può bastare? Dario Nardella, sindaco di Firenze l’ha ribadito recentemente in un’intervista a Repubblica: “Chiamiamoci Democratici”.
Anche il segretario del Pd, Nicola Zingaretti ha proposto a sorpresa di cambiare nome al suo partito.
In effetti quella di cambiare nome al Partito democratico è un’idea che aleggia da tempo al Nazareno, nell’ottica di un restyling che comprenderà anche lo statuto, da fare orientativamente ad inizio 2020 in occasione di un congresso Pd.
Il punto è che c’è bisogno di un’azione molto più profonda: una rifondazione strutturale del campo della sinistra e delle forze progressiste. Il Pd deve avere il coraggio di avviare, come maggior partito dell’area di centro sinistra, un processo che lo porti al confronto e alla contaminazione con un’area più ampia, rivolgersi a tutta la sinistra, anche quella dentro il M5S. Una intesa che deve coinvolgere tutti, il mondo degli intellettuali, la società civile, ma soprattutto chi ha sperato in una politica di sinistra, che tutelasse le fasce più deboli, ed è stata delusa.
Il Pd, da parte sua, non ha altra chance per governare che l’intesa coi 5 Stelle. E’ ormai un dato di fatto. Del resto i 5Stelle sono una forza che vuole governare come tutte le altre e che sa bene di non poterlo fare da sola. Un rinnovamento del PD passa, quindi, da una intesa con i 5Stelle. Dopo l’improduttiva fusione a freddo tra Pd e M5S, adesso è venuto il momento di una fusione a caldo, un confronto vero, programmatico, valoriale, sui reali problemi. Altrimenti non si va lontano.