Agricoltura sociale e legalità. Si conclude “chi semina racconta”
È stata presentata oggi, 10 gennaio, la pubblicazione che traccia il bilancio del progetto che ha coinvolto 10 giovani donne e 120 minori disabili e in difficoltà. A San Giuseppe Jato i risultati di due anni di attività nel centro Di Matteo.
Dieci giovani donne a rischio marginalità che adesso avranno un’opportunità lavorativa, 120 minori ospiti di case famiglia, comunità alloggio, disabili o autori di reato coinvolti in percorsi di legalità, 20 professionisti e 75 ore di formazione, oltre al centro ippico Giuseppe Di Matteo, in contrada Portella della Ginestra, rimesso a nuovo e convertito in una biofattoria. Sono questi i risultati del progetto “Chi semina racconta”, finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale, nell’ambito del bando “Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici” e realizzato dalla Cooperativa sociale Placido Rizzotto (capofila), da Libera Palermo, da Orizzonte Donna onlus e dalla Rete delle Fattorie sociali Sicilia, con la collaborazione di alcuni partner esterni (Cnca, l’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni del Ministero della Giustizia e l‘associazione Famiglie Persone Down).
Un progetto durato quasi due anni che ha avuto il suo cuore pulsante nel centro ippico dedicato alla memoria del piccolo Giuseppe Di Matteo e i cui risultati sono stati illustrati in un volume presentato presso l’Aula Pio La Torre dell’ex Casa del Fanciullo di via Vittorio Emanuele, a San Giuseppe Jato. Oltre 60 pagine che raccontano passo dopo passo quasi due anni di attività, la formazione di 10 giovani donne divenute operatrici di biofattoria sociale, la conversione del centro in biofattoria e orto didattico funzionale alle attività di agricoltura sociale, percorsi di legalità e riuso dei beni confiscati che hanno coinvolto oltre 120 minori a rischio.
“Chi Semina Racconta” è stato suddiviso in più fasi: la conversione del centro, la formazione di 10 donne disoccupate dai 18 ai 35 anni e infine percorsi di inclusione sociale, benessere, riabilitazione e incontro con l’altro che sono partiti dall’agricoltura sociale coinvolgendo 120 minori, attraverso l’orto e la cura delle piante. Il progetto ha avuto anche il merito di offrire un esempio virtuoso di riuso dei beni confiscati a servizio del territorio, promuovendo strumenti di cittadinanza attiva.