I disordini all’Euganeo. Un messaggio per gli ultras del Palermo?
I disordini e le violenze scatenate due giorni fa da una sessantina di teppisti sostenitori del Catania allo stadio Euganeo di Padova durante l’intervallo della finale di andata di Coppa Italia Lega Pro riempiono di vergogna tutti i tifosi della città Etnea.
L’obiettivo del gruppo di forsennati era chiaro, preventivato e preventivabile: “dare addosso” ai tifosi del Padova per “colpire” quelli del Palermo. A tutti gli appassionati di calcio e agli addetti del settore è, infatti, nota sia la sentita rivalità delle due tifoserie siciliane sia la storica “amicizia” che lega gli ultras del Padova a quelli del Palermo, gemellati da più di vent’anni.
La spregevole violenza scatenata dagli esagitati tifosi del Catania si è caratterizzata soprattutto per la sua codardia: la loro aggressività è stata indirizzata non agli ultras del Padova ma al settore che ospitava soprattutto famiglie con bambini (impauriti e costretti ad abbandonare lo stadio); lo striscione sottratto (e in seguito gettato) non apparteneva ad un club di ultras ma ad un gruppo di amici appassionati del Padova con un’età media di sessant’anni. Quello che, invece, i teppisti del Catania avrebbero voluto rubare era lo striscione che diceva “ La 12 Palermo” esposto nel settore occupato dagli ultras del Padova.
Ad oggi sono stati arrestati otto catanesi e identificati circa 400 tifosi a cui sono stati sequestrati fumogeni, petardi e aste rigide.
Il sindaco Enrico Trantino, la società calcistica e i cittadini di Catania hanno subito preso le distanze dagli episodi sopra esposti ma adesso il Catania calcio rischia pesanti ammende pecuniarie per l’invasione di campo, i disordini, le violenze e i cori razzisti contro i palermitani (“rosa nero sei uno zingaro”), di disputare a porte chiuse o fuori città le prossime partite e, dunque, anche quella di ritorno di Coppa Italia prevista per il 2 Aprile.
Si attendono le decisioni del giudice sportivo che speriamo diano un forte e chiaro segnale contro episodi così violenti.
Vincenzo Tumminello